domenica 15 dicembre 2013

UN OCCHIO ALLA CAMPAGNA, UN OCCHIO A PINTER

THE COUNTRY 

di Martin Cribb

regia Roberto Andò

con Laura Morante, Gigio Alberti, Stefania Ugomari Di Blas

Produzione Teatro Stabile dell'Umbria

visto al Teatro Goldoni di Venezia il 13/12/2013

recensione apparsa su www.teatro.org

“Non fissare il vuoto!” è il refrain di Corinne nel lungo dialogo con il marito all’inizio di The Country, commedia pinteriana di Martin Cribb, icona della drammaturgia inglese degli anni ’80, andato in scena al Teatro Goldoni di Venezia dal 12 al 15 dicembre.
E’ in questa battuta, probabilmente, la chiave di volta dell’intero testo di Cripp che insegue l’incomunicabilità di una coppia minata dalla presenza di un terzo incomodo, Rebecca, e apre crepe nel borghese perbenismo di un medico, Richard, che salta una visita notturna provocando la morte del paziente pur di trascinare in casa sua una giovane donna trovata sul ciglio di un sentiero, e della moglie Corinne che trascorre annoiata il proprio tempo ritagliando giornali tra i mobili spartani ma accuratamente scelti del cottage di campagna in cui si sono da non molto trasferiti. (...)

Il vuoto è il terreno su cui si muove l’intera vicenda: vuote le battute che si scambiano i due, “E che albero era?” chiede Richard a Corinne dopo che quest’ultima gli ha raccontato il suo pomeriggio in giardino, vuote le pause che interrompono d’improvviso il dialogo lasciando che un insignificante silenzio ristagni nell’aria, vuoto lo spazio in cui si muovono i personaggi, un enorme stanzone in cui essi si trascinano da una sedia all’altra, vuota infine la prospettiva di un futuro che superi le vicissitudini presenti, “Entrambi sarete convincenti a fingere l’amore” dice Corinne riferendo a Richard le parole di Morris, il collega che gli ha salvato la reputazione mentendo su quella fatidica notte.
Vuoto e stanchezza, dunque, scontri verbali portati all’estremo ma che non esplodono mai per davvero, relazioni non chiare e codici sibillini, quale rapporto lega davvero Richard a Rebecca? come mai Morris compare di continuo davanti a Corinne quando Richard non c’è?, una campagna ambigua che non acquieta affatto le ansie dei protagonisti, lontana anni luce dall’idillio bucolico virgiliano più volte richiamato nelle battute, una campagna molto pinteriana, il ricordo va alla sensualità estiva di Uno strano malessere o al gioco a tre di Altri tempi, un insieme di assurdità nevrotiche insomma che danno come risultato un’atmosfera di decadenza stigmatizzata nella scena in cui Richard, nel giorno del compleanno di Corinne, le regala un paio di scarpe kitch e costose, lei le prova e mentre improvvisa una sorta di passerella, alla domanda di lui se le piacciano, risponde “Ti fanno sentire decadente”.
La messa in scena di Roberto Andò, che cura la regia per una produzione del Teatro Stabile dell’Umbria, lascia il testo sostanzialmente intatto e ne asseconda la struttura, rispettando così quella che potremmo definire una “consegna da stabile”: la sottile striscia d’erba collocata quasi in proscenio alle cui estremità ci sono due giocattoli raffiguranti una casa di campagna con animali e un piccolo bosco è l’unica concessione personalistica della regia, una pallido tentativo di provocazione che però non riesce a imprimere nessuna sferzata all’andamento dello spettacolo.
Gli attori in scena sembrano a loro volta decontestualizzati, è il caso di Gigio Alberti che interpreta un Richard goffo e stonato, quel suo modo straniante e pittoresco, così accattivante in ruoli come il Marc di Art della Reza nella scorsa stagione, risulta in questo personaggio attanagliato dai silenzi ed enigmatico totalmente fuori posto, o il caso di Stefania Ugomari Di Blas la cui Rebecca a tratti stridula e a un passo dall’isteria appare altrettanto fuori posto, Laura Morante, invece, riesce a dar vita a un’elegante Corinne che non si scompone mai, insinuante e indagatrice ma al tempo stesso sopraffatta dalla monotonia di dialoghi e situazioni che la quotidianità ci rovescia addosso, in equilibrio costante tra cinismo, soprattutto nel dialogo con Rebecca, e controllo della situazione. Bello, infine, il disegno luci di Gianni Carluccio, anche se in alcuni punti dello spettacolo appesantito da qualche didascalismo di troppo.