lunedì 2 giugno 2014

QUANDO I GIOVANI DIVENTANO GIGANTI

LE DONNE AL PARLAMENTO

di 
ARISTOFANE 

CONVITTO NAZIONALE "G. BRUNO" DI MADDALONI


Il destino dei classici, nomen omen, sta nell’attraversare i tempi, rimanendo meravigliosamente uguali a se stessi mentre con fittizia noncuranza elargiscono manciate di ricchezza alla sensibilità presente. Su come recepire i loro insegnamenti e renderli appetibili alla contemporaneità, il dibattito si perde nella notte dei tempi: dal medioevo ad oggi il numero di imitazioni e reinvenzioni è talmente alto da scoraggiare qualsiasi tentativo di sintesi. Il teatro, poi, quello della grande stagione drammaturgica antica, sospeso tra respiro tragico e sconcezze comiche, si è sicuramente prestato più di altri a maquillage e ripuliture, fior fiore di poeti lo hanno risvelato alle scene, Quasimodo e Pasolini per dirla in due nomi soltanto, filologi e cattedratici come Dario Del Corno hanno addirittura fatto sold out con letture e lezioni spettacolo, registi e attori hanno infine disseminato le scene con coraggiose prove avanguardistiche o rispettose edizioni integrali. Ma non basta. La forza dei classici, come da tempo ormai propone con appassionata energia il caro amico Alberto Camerotto, è quella di essere contro e quel contro ingloba in sé infinite declinazioni, ma tutte riconducibili, a mio modesto avviso, alla necessità di rintracciare in essi il supremo privilegio del dubbio da opporre alla sciatta sicumera del presente. Ecco allora che le Donne al Parlamento, ovvero Ecclesiazuse, di Aristofane messo in scena dal Laboratorio di Teatro Antico del Liceo Classico “G. Bruno” di Maddaloni, guidato da tre scapestrati entusiasti come Corrado Santamaria, Gianrolando Scaringi e Gianluca Zimmermann, dà l’esatta misura di quanto appena detto senza tema di smentite. In primo luogo il coraggio. Portare in scena Aristofane, soprattutto quando non si tratta dell’abusata Lisistrata e si rinuncia ad ammiccamenti voyeristici, è già di per sé una sfida, se a questo si aggiunge che per Romagnoli l’Ecclesiazuse era la commedia in cui si compiva uno dei passi definitivi per transitare dalla maschera alla persona, è chiaro allora l’impegno a sviluppare personaggi  con i quali costruire un coerente disegno interpretativo. In secondo luogo la forza esplosiva con cui Aristofane è calato sui giovani studenti che ci hanno messo la faccia, per dirla con un’espressione tanto in voga oggi. La parola dell’antico si è dispiegata nel gioco scenico lasciando che i giovani interpreti ne assaporassero forza e colore, che su quel palcoscenico per davvero salissero sulle spalle dei nostri più lontani maestri di pensiero, divenendo così simili a giganti. Un’operazione teatrale certo, alla quale non è mancata qualche interessante trovata come l’utilizzo dei lunghi capelli femminili a mo’ di barba una volta annodati sotto il mento o il non cedere alla tentazione, sempre presente quando si ha a che fare con laboratori teatrali scolastici, di dare troppo spazio alle parti corali, anche quando non ce ne sarebbe affatto bisogno, ma anche un’operazione culturale che ci riporta alle considerazioni di partenza. I classici devono irrompere nella quotidianità e nel caso di una scuola, di un liceo classico in particolare, evolversi da lingua scritta e stampata a lingua viva e partecipata. La lingua del teatro, certo, ma soprattutto la lingua di una comunicazione che non teme confronti con l’attualità, una lingua che può essere parlata da giovani generazioni e ascoltata con curiosità, una lingua che genera applausi e ringraziamenti, una lingua infine che è fuoco acceso intorno al quale ritrovarsi e raccontare storie. Come un tempo, quando nelle sere più buie e invernali giovani e anziani confondevano i loro tratti intorno al fuoco di un camino, lì si intrecciavano storie, lì prendevano corpo umanissime riflessioni. Ecco, guardando poche sere fa l’Ecclesiazuse di questi ragazzi che qui non nominerò, ma i cui nomi sono in  locandina, guardandoli ho pensato proprio a questo, che intorno a questo fuoco vivificante che è il mondo dei classici antichi c’è davvero posto per tutti. Adesso sotto a chi tocca.