domenica 19 ottobre 2014

A VENEZIA IL MERCANTE E' SLAVO

IL MERCANTE DI VENEZIA
di William Shakespeare
con Silvio Orlando
e Popular Shakespeare Kompany
regia Valerio Binasco

visto al Teatro Goldoni di Venezia il 17/10/2014

recensione apparsa su www.teatro.it


Ancora una volta, dopo aver visto Il Mercante di Venezia per la regia di Valerio Binasco, ci troviamo di fronte alla solita domanda: come mettere in scena oggi un classico? 

Che sia Shakespeare o Gogol o Goldoni il risultato sembra non cambiare, la via prescelta è l’eccesso, la modernizzazione pacchiana, l’occhiolino alla televisione, l’ammasso di codici e di ridondanze

Nel caso specifico le ridondanze si chiamano gag.


Tutta la messa in scena di questa “cupa contro-favola”, come spiega Binasco nelle sue note di regia, è segnata da un rincorrersi di gag e di interventi machiettistici, dal Lancillotto Gobbo in formato Macario/Buster Keaton alla Porzia Barbie in abito confettino, dallo scarico dello sciacquone che Shylock tira dopo aver riflettuto sull’opportunità di concedere il prestito di tremila ducati a Bassiano fino ai siparietti di Nerissa che al suono del suo grammofono improvvisa ancheggiamenti da avanspettacolo.


D’altronde, è sempre Binasco a precisarlo nel programma di sala, “… noi dobbiamo fare del mercante una grande favola, e una festa del teatro. Cioè della speranza”. E dunque per questa grande festa del teatro che veniamo sommersi per quasi tre ore di spettacolo da gag di cui forse anche Totò stenterebbe a riconoscere la paternità, come quando uno dei personaggi batte distrattamente sul tavolo le nocche e poi si volta alle sue spalle per vedere chi ha bussato? E’ perché “la vita può essere lo stesso una festa”, Binasco dixit, che subiamo costumi da cartoon, coriandoli a profusione, i tratti cutoliani del buon Antonio, il melting pot improbabile dei dialetti di Lorenzo e Graziano? 

Sì, sarà per questo, sarà perché “è l’ora stramba del teatro, quando sorge una luna di carta, e il vento accarezza le foglie senza fare alcun rumore”, ancora Binasco ancora il programma di sala, sì dev’essere sicuramente per questo, è l’unica non-spiegazione che si può per davvero accettare.


E sarà sempre per lo stesso motivo, Mercante di Venezia= festa del teatro, che il nostro Shylock affronta la sua penosa e incredibile vicenda biascicando le sue ragioni in una terrificante cadenza slavoalbanese, nella quale Silvio Orlando si muove come il noto elefante che, chissà perché, si trova proprio in una cristalleria? E chissà perché Shylock deve parlare proprio così e chissà perché Silvio Orlando deve sacrificare le sue chances attoriali sull’altare di una goffa impalcatura linguistica che non gli appartiene. Non gli appartiene al punto che spesso ne ruzzola giù, lasciando trapelare la freschezza e la veridicità del suo partenope language che tutti in sala, ne sono sicuro, avrebbero apprezzato, ma che, per insondabili motivi, è stato accuratamente sepolto. 

Il risultato a quel punto è scontato: sulla scena c’è uno Shylock falso, povero sul piano espressivo e mortificante su quello interpretativo.


Gli altri interpreti, facenti parte della Popular Shakespeare Kompany che ha avuto il suo battesimo ufficiale con La Tempesta al Festival Shakespeariano di Verona nel 2012, per lo più gridano a squarciagola, esibiscono una retorica vocale che mal si accorda con l’impianto moderno della messe in scena, si compiacciono delle trovate che, e ben si vedeva, in molti casi sono frutto dell’improvvisazione del momento.


Che dire? Per fortuna c’è ancora Shakespeare e la potenza di un testo che, soprattutto nella lunga scena del processo, tiene alta attenzione e tensione, per fortuna ci sono le luci di Pasquale Mari rigorose e delicate e per fortuna ci sono le musiche di Arturo Annecchino che sono, come sempre, una spanna oltre.