sabato 23 novembre 2013

DOBBIAMO FARE TUTTO


Costa/Arkadis

in

SENZA TITOLO

di e con Giulio Costa

visto il 19/11/2013

a

Teatro a l’Avogaria – Venezia

recensione apparsa su www.teatro.org


senza_titolo

Nello spazio di cinquanta minuti un anonimo maestro tuttologo dispone sulla sua scena/aula una scrivania di cartone pressato, parla a ruota libera, concedendosi solo una breve ricreazione in cui tracanna un tetrapak di succo di frutta, dell’improbabile programma da svolgere, poi al trillo di un timer da cucina si blocca, risistema ogni cosa in borse stracariche e con il suo cartone pressato sotto braccio abbandona lo spazio vuoto. Cinquanta minuti di essenzialità teatrale per raccontare il disastro della scuola, la graduale perdita del sapere, il pressappochismo culturale che avanza inesorabile come il tempo che scandisce la stessa lezione alla quale il pubblico assiste. Giulio Costa firma testo, regia e interpretazione di Senza Titolo... (continua a leggere)
 andato in scena come terzo appuntamento de I Martedì del Teatro all’Avogaria, una rassegna che, al quarto anno di programmazione, si è ormai imposta come riferimento imprescindibile della Venezia teatrale registrando ogni settimana il tutto esaurito. Senza Titolo è uno spettacolo ma anche segmento progettuale, fa parte infatti di Manufatti Artigiani prodotti dallo stesso Costa in collaborazione con Teatro Arkadis, un ciclo di interventi teatrali in cui i mestieri più disparati si sottomettono ai tempi e alle regole della scena, comprimendosi fino al punto da rivelarsi tragici nella loro essenzialità. Il nostro professore moltiplica sulla sua cattedra di cartone i segni visibili di una cultura scolastica stanca e ripetitiva: dagli ingrandimenti delle lettere dell’abbecedario a misere cartoline da bookshop museale sulle quali sono stampati dipinti famosi, da vetuste ampolline per esperimenti chimici ad un atlante geografico che ha attraversato generazioni di studenti perduti tra altezze di monti e lunghezze di fiumi. Questi segni sono fonte di ispirazione per gli argomenti da trattare, “Abbiamo poco tempo, ma… dobbiamo fare tutto” esordisce l’integerrimo insegnante, ma restano poi gli unici a custodire le diverse forme del sapere, ogni sforzo di procedere in una trattazione è travolto infatti dal ritmo cantilenante delle parole schiave del tempo o si tronca a mezz’aria in domande destinate a rimanere irrisolte, mentre il fischietto annuncia la fine dell’intervallo e l’inizio degli esercizi di ginnastica. Nessun approfondimento è possibile, lo sgretolamento del tempo avvolge ogni anelito di conoscenza, la lezione si trasforma in un frullatore che tutto tritura allentando perfino i nessi logici che dovrebbero assicurare il passaggio da un argomento all’altro, la lingua dell’ovvietà armata di scontati tecnicismi non comunica più niente e si richiude in un vano quanto assurdo soliloquio. La lezione diventa un rituale, una liturgia dove restano indenni le forme, mentre il contenuto soffoca. Ci aveva già pensato Ionesco ne La Lezione a mostrare quanto non solo intere parole, ma perfino sillabe o singole lettere, possano esse vuoti palloncini che scoppiano in aria senza significato e senza alcun incidenza sulla vita reale. Ma in quel caso si trattava di arrendersi all’incomunicabilità verbale dell’uomo, qui al contrario è proprio la competizione comunicativa a condannare il patrimonio culturale dell’uomo. E’ un paradosso, lo so bene, ma mai come in questo momento la scuola si trova maledettamente al passo con i tempi: pillole di conoscenza come strisce culturali televisive, lavagne interattive multimediali in ogni classe che nel migliore dei casi servono a proiettare video di youtube, test di verifica che con i loro vero o falso assomigliano molto da vicino ai quiz di chi vuol esser milionario. Giulio Costa, calmo e sornione, è un perfetto ambulante del sapere che a fine giornata in una pubblica piazza smonta il banco delle sue cianfrusaglie, come un ennesimo rampollo della famiglia Angela e dei loro Quark, Super Quark o Ulisse, propone le sue spiegazioni di chimica, musica e matematica allo stesso modo che se lanciasse il prossimo filmato sui gladiatori dell’antica Roma o sulle vestigia Maya di un Messico misterioso e sconosciuto.