lunedì 7 gennaio 2013

IL GIOCO DELLA COPPIA

Ho visto "Il gioco della coppia" alla penultima replica e se, per un accidente qualsiasi, me lo fossi perso, oggi avrei un po' di teatro in meno nei miei occhi. Proprio così. "Il gioco della coppia" con Peppe Miale e Lorena Leone, per la regia di Sergio Di Paola, è teatro e nient'altro. Ritmo, colore, respiro, profondo o affannato, nevrosi, tempi, sudore, il tutto in uno spazio che contiene ma è anche limite estremo e invalicabile, gabbia-salotto, gabbia-cucina, gabbia-camera da letto. E' la follia di Ionesco si dirà, "Il gioco della coppia" si ispira a "Delirio a due" del drammaturgo franco-rumeno, ma stavolta, e finalmente, questa follia si è liberata. C'è stato un tempo in cui Ionesco spopolava sui nostri palcoscenici, vittima della moda e dell'intellettualismo, oggi altre vittime sacrificali hanno preso il suo posto, si sa, la ruota gira per tutti, e in quegli anni era facile imbattersi in un Ionesco grigio, da buon burocrate del pensiero, macchinoso, a tratti mortalmente deprimente e sicuramente noioso. "Il gioco della coppia", in scena al Theatre de Poche di Napoli, rende un favore a Ionesco, gli restituisce quella vena di follia che altri, nel tempo, gli hanno sottratto, restituisce follia all'autore e ne sparge a piene mani al pubblico, dopo averne certo trattenuta un po' per sè. Un uomo e una donna trascorrono il tempo, che fuori dalla loro stanza la gente investe impietosamente in una guerra che fa morti ma anche vincitori, ad investigare su inezie, se per esempio la lumaca e la tartaruga possano dirsi appartenere alla stessa specie animale oppure no. Eppure questo esercizio di stile non li allontana, non li sprofonda in silenzi bekettiani o nell'incomprensione pinteriana, anzi li avvicina, li costringe a lottare, a toccarsi, a rovesciarsi l'uno sull'altra oggetti e parole. La follia prende respiro, si dilata in un diluvio di recriminazioni reciproche e rimproveri incrociati, mentre la stanza-gabbia perde pezzi, si fa sempre più bassa e un orologio, apparso d'improvviso, non scandisce il tempo, ma con lancette che girano senza posa ne dimostrail flusso inarrestabile. Non è l'orologio a dirci l'ora, ma sono le ore a far muovere le lancette. Anche questa è follia. Una follia dal sapore clownesco e funambolico, le luci bianche da circo che all'improvviso inchiodano gli interpreti al loro posto, assaggi di macchiette da avanspettacolo, gag da film muto. Lorena Leone nevrotica al punto giusto, Peppe Miale equilibratamente demenziale, lei disperata raìs di una casa che non c'è, lui gustosa parodia di un se stesso borghese piccolo piccolo. Chapeau al disegno luci di Ettore Nigro, doppio chapeau alla regia di Sergio Di Paola che ha scritto senza dettare, smacchiando il grigio accumulato da altri e mettendo colore. In una parola, ne sono convinto, lui si dev'essere divertito. Ho visto "Il gioco della coppia" alla penultima replica e se, per un accidente qualsiasi, me lo fossi perso, oggi avrei un po' di teatro in meno nei miei occhi. Devo ricordarmi il rischio che ho corso./
Angelo Callipo