LA VENEXIANA
di Anonimo del '500
con Andrea Zanforlin, Letizia E.M. Piva, Licia Navarrini, Beatrice Bello, Laura Cavinato, Paolo Rossi
regia di Gabbris Ferrari
vista al Teatro a l'Avogaria - Venezia il 26/03/2013
La Venexiana è sicuramente uno dei testi più interessanti del
panorama teatrale italiano del Rinascimento e anche, sotto molti punti di vista,
da quello strettamente drammaturgico a quello linguistico, la mescolanza per
esempio di veneziano e bergamasco, profondamente innovativo. Tuttavia, ci
sembra di poter affermare senza paura di essere smentiti, non sono questi gli
aspetti che l’hanno resa così popolare negli ultimi decenni sulle scene
italiane e, chiaramente, nella nostra cinematografia, il pensiero va, è chiaro,
a Mauro Bolognini e alle interpretazioni di Laura Antonelli e Monica
Guerritore. Con buona pace di Roberto Alonge che individua nell’alternarsi di
scene all’aperto e scene di interno la grande novità dell’impianto drammaturgico
di quest’opera anonima, rispetto alla tendenza cinquecentesca di immaginare
ogni storia nel pubblico spazio di una piazza, è invece la carica erotica e la maliziosa
sensualità che pervadono l’intera vicenda ad aver regalato a La Venexiana il successo di pubblico che si riscontra ad ogni sua
messa in scena. E così è accaduto anche per la coproduzione dei Minimiteatri e
del Teatro Sociale di Rovigo, firmata nella regia da Gabris Ferrari, vista al
Teatro a l’Avogaria di Venezia a chiusura della rassegna dei Martedi dell’Avogaria. Una sala piena,
come mai forse si era vista nel corso dei precedenti appuntamenti, e spettatori
sprovvisti di prenotazioni costretti a rinunciare alla loro serata a teatro.
La
storia di Iulio, giovane foresto che
dalla Lombardia sbarca a Venezia per sfuggire alla propria indigenza grazie
alla sua avvenente prestanza, che seduce e sfrutta le voglie erotiche della
vedova Anzola e della giovane maritata Valeria in un tourbillon di incontri notturni e raggiri intriganti, appassiona e
solletica la fantasia del pubblico, complice una Venezia che, pur rimanendo
sullo sfondo, è pur sempre il legame che tiene avvinti i personaggi tra loro.
Ferrari, con intelligenza, ce la lascia intravvedere, quasi sorniona e assente,
ma al tempo stesso tollerante e benevola nei confronti delle passioni che si
scatenano e che costituiscono il motore ultimo del meccanismo scenico. Gli abboccamenti
di Iulio con Anzola e Valeria, aiutate da Nena, Oria e Bernardo, sono infatti l’unica
traccia che segna la vicenda, una vicenda, in questo, essenziale e scarna che
trova sponda nell’impianto scenico costituito da un semplice letto sistemato al
centro del palcoscenico e una serie di praticabili, a prolungamento del palco,
di diverse altezze e collegati da scalette su cui si muovono gli attori. Il grande
materasso del letto, un double face
bianco e nero, viene invece rigirato a seconda che ci si trovi nella casa dell’una
o dell’altra amante. Con questi semplici interventi Ferrari costruisce e
differenzia gli spazi, permettendo ai suoi attori grande libertà di movimento e
offrendo agli spettatori una lettura immediata dello svolgersi delle azioni. Tuttavia,
l’immaginario erotico e sensuale dell’opera viene giocato con un eccesso di
ammiccamenti al compiacimento del pubblico, con attori quasi sempre sopra le
righe alla ricerca di un effetto immediato e dal sapore contemporaneo: la scena
in cui Anzola spoglia Iulio perde gran parte della sua sensualità a vantaggio
di una frenesia da commedia all’italiana degli anni ’80 o ancora l’imbarazzante
ululato di Iulio nel momento in cui Valeria si spoglia e gli mostra l’intero
repertorio delle sue grazie. Così come le luci rosse di taglio sul lettone, in
quella che si profila come una sorta di ammucchiata finale, rendono ancor più esplicito,
semmai ce ne fosse stato bisogno, un erotismo da camera da letto piuttosto fine a se stesso. Malgrado, dunque,
qualche sbavatura, lo spettacolo procede nell’insieme godibile e accattivante,
condotto con sicurezza dagli attori che, cosa abbastanza rara sui nostri
palcoscenici, si ascoltano e si cercano, rinunciando sapientemente ad inutili
picchi istrionici. Da questa Venexiana,
infatti, esce vittorioso il gruppo, affiatato e omogeneo, che esegue una
partitura senza meccanicismi, ma con brillante consapevolezza interpretativa. Lunghi
applausi finali degli spettatori, atmosfera calda e coinvolgente nel piccolo
teatro di Dorsoduro, dove il direttore, Stefano Poli, ci promette una nuova
stagione dei Martedì dell’Avogaria
anche per l’anno prossimo.