martedì 25 febbraio 2014

TUTTA COLPA DI MIO MARITO


TEATRO A L'AVOGARIA, DORSODURO 1617 - VENEZIA
prenotazioni al 335372889

VENERDI' 28 FEBBRAIO ORE 21,00
SABATO 1 MARZO ORE 21,00

Clelia e Renato sono due perfetti sconosciuti, ma accade che un giorno si incontrino, complice una spiaggia, il sole, la brezza del mare. L’amore ha dunque bisogno di occasioni impreviste? Non lo si può escludere del tutto, ma una coincidenza non basta mai da sola, così per Clelia e Renato cominciano una serie di incontri sempre meno fortuiti, ma sempre più rocamboleschi, grotteschi, addirittura surreali. Fino a quando decideranno di imprimere alla loro storia una direzione del tutto inaspettata, inaspettata e fatale insieme, che trascina ad un finale assurdamente esilarante…


sabato 1 febbraio 2014

QUANDO IL NUOVO CHE AVANZA E' GIA' DIETRO LE SPALLE

L'ISPETTORE GENERALE 

di Nikolaj Vsil'evic Gogol


adattamento drammaturgico e regia  Damiano Michieletto

con Alessandro Albertin, Silvia Paoli, Eleonora Panizzo, Fabrizio Matteini, Alberto Fasoli, Michele Maccagno, Alessandro Riccio, Luca Altavilla, Emanuele Fortunati, Stefano Scandaletti, Pietro Pilla

recensione pubblicata su www.teatro.org
visto al Teatro Goldoni di Venezia 31/01/2014



















In una sudicia e sperduta cittadina russa una cricca di loschi e patetici figuri scambiano un giovane impiegato del ministero per l’ispettore generale inviato dal governo centrale. Il risultato sarà l’irriverente e atroce satira con cui Gogol tratteggia l’intoccabile burocrazia zarista incarnata da una piramide di potere che dal Podestà arriva fino all’ufficiale postale e che ha come contraltare lo spiantato Chlestakov, che, da falso ispettore, si lascia corrompere a sua volta dai funzionari corrotti.

Tutto qui. Un equivoco, niente di più. Capace però di generare quel capolavoro che la critica letteraria russa, dopo una prima tiepida accoglienza, riterrà perfino superiore a Molière. La furberia di Osip, la scrocconeria di Chlestakov, i ridicoli sotterfugi di Anton Antonovic, podestà di ultima serie e truffatore dilettante, la fatua vanità di Andreevna sua moglie, moltiplicano l’equivoco iniziale indagando quella particolare tendenza della coscienza umana che è la disponibilità ad ogni forma di compromesso.
Un vizio, non una condizione. Un vizio su cui anche un uomo mite e religioso come Gogol poteva permettersi di sorridere.

Ecco che invece Damiano Michieletto, nella messinscena di cui firma l’adattamento drammaturgico (quale?) e la regia, per una coproduzione del Teatro Stabile del Veneto e Teatro Stabile dell’Umbria, nell’ansia di dare sostanza al suo pedigree di enfant prodige della scena italiana e compiaciuto per aver intuito il grottesco che si cela nella vicenda, costruisce uno spettacolo dove il grottesco più che cogliere l’assurdità dei personaggi gogoliani resta appiccicato agli attori che li interpretano, all’impianto scenico dove tutto è esattamente così come si vede in una miscela di finto realismo piuttosto sconcertante, all’idea stessa, infine, che sottende l’intera operazione, l’idea cioè di una dissacrazione che però non ha il coraggio di essere tale fino in fondo.